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- 150 migranti riportati in Libia da Asso 29 il 2 luglio 2018, esposti a torture e detenzione illegale.
- Il Tribunale di Roma ha stabilito un risarcimento di 15.000 euro per ciascuno dei cinque ricorrenti.
- La sentenza sottolinea che la Libia non è un porto sicuro e che i migranti avrebbero dovuto essere condotti in Italia.
Il Tribunale Civile di Roma ha emesso una sentenza storica che condanna il capitano della nave Asso 29, la società armatrice Augusta Offshore, i Ministeri della Difesa e dei Trasporti, e la Presidenza del Consiglio per il respingimento collettivo di migranti avvenuto il 2 luglio 2018. La vicenda ha visto il mercantile italiano Asso 29 riportare 150 migranti in Libia, un paese considerato non sicuro, esponendoli a torture, detenzione illegale e violenze.
La sentenza sottolinea che la Libia non può essere considerata un luogo sicuro e che l’operazione di ricerca e soccorso avrebbe dovuto condurre i migranti in Italia. Il Tribunale ha stabilito un risarcimento di 15.000 euro per ciascuno dei cinque ricorrenti, tra cui un bambino di due anni e una donna incinta all’ottavo mese.
Dettagli dell’Operazione di Soccorso
Il 2 luglio 2018, il mercantile Asso 29, sotto il coordinamento della nave militare italiana Duilio, intervenne in soccorso di una motovedetta libica in avaria. L’Asso 29 intercettò un’imbarcazione con 150 persone a bordo e, sotto il coordinamento delle autorità italiane e libiche, riportò i migranti a Tripoli. Una volta sbarcati, i migranti furono detenuti e torturati nei centri di detenzione di Tarik Al Sikka, Zintan, Tarik Al Matar e Gharyan.
Cinque persone sopravvissute, tra cui un bambino di due anni e una donna incinta, hanno agito in giudizio all’inizio del 2021 chiedendo il risarcimento del danno per la condotta delle autorità italiane e del capitano della nave. Dopo essere arrivati in Europa tramite programmi di reinsediamento e corridoi umanitari, hanno ricevuto il riconoscimento della protezione internazionale.
Implicazioni Giuridiche e Responsabilità
Il Tribunale ha riconosciuto la legittimità della richiesta di risarcimento e ha stabilito che l’area SAR (di ricerca e soccorso) non è una zona marina in cui uno Stato costiero esercita sovranità o giurisdizione esclusiva. Questo implica che, una volta saliti a bordo della Asso 29, i naufraghi si trovavano in acque internazionali, equivalenti al territorio nazionale italiano, e quindi il comandante aveva l’obbligo di portarli in un porto sicuro, cosa che la Libia non è.
La sentenza fa riferimento a numerosi report delle Nazioni Unite e di organismi internazionali che documentano violenze indiscriminate, torture, detenzioni e sistemi di compravendita delle persone in Libia. La presenza di un ufficiale libico a bordo della nave italiana non elimina la responsabilità del comandante, che avrebbe dovuto condurre i migranti in Italia.
Reazioni e Commenti
Il caso ha mobilitato la società civile italiana, con organizzazioni come Amnesty International e l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) che hanno supportato i ricorrenti. Il collegio difensivo era composto da avvocati e avvocate di spicco, tra cui Cristina Laura Cecchini, Giulia Crescini, Salvatore Fachile, Alberto Guariso, Lucia Gennari, Loredana Leo e Luca Saltalamacchia.
Il ministro Piantedosi ha dichiarato che Tunisia e Libia sono paesi sicuri, ma questa affermazione è stata contestata da Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci, che ha sottolineato come le sentenze della magistratura dimostrino il contrario. Anche Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra ha criticato duramente il governo, affermando che le politiche di respingimento sono in contrasto con la Costituzione e il diritto internazionale.
Bullet Executive Summary
La sentenza del Tribunale di Roma rappresenta un passo significativo nella tutela dei diritti umani e nella responsabilizzazione delle autorità italiane per le loro azioni nel contesto delle operazioni di soccorso in mare. La decisione sottolinea l’importanza di rispettare il diritto internazionale e di garantire che i migranti vengano condotti in porti sicuri. La vicenda della Asso 29 evidenzia le gravi violazioni dei diritti umani che possono derivare dalle politiche di respingimento e la necessità di un approccio più umano e legale alla gestione dei flussi migratori.
*Nozione base di legale correlata: Il principio di non-refoulement, sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951, vieta il respingimento di rifugiati verso territori dove la loro vita o libertà sarebbero minacciate.
Nozione avanzata di legale correlata:* La giurisdizione extraterritoriale implica che uno Stato può essere ritenuto responsabile per violazioni dei diritti umani commesse fuori dai propri confini, se ha un controllo effettivo sulla situazione, come nel caso delle operazioni SAR in acque internazionali.
In conclusione, la sentenza del caso Asso 29 non solo ristabilisce la giustizia per i migranti coinvolti, ma invita anche a una riflessione profonda sulle responsabilità legali e morali degli Stati nelle operazioni di soccorso in mare.