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- 1200 israeliani uccisi nel disastro del 7 ottobre
- Tentativo del Mossad di arruolare la procuratrice capo della CPI
- Il procuratore della CPI ha richiesto mandati d'arresto per Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant
- Proposto una commissione di Stato per disinnescare le richieste della CPI
- La Corte internazionale di giustizia e l'Onu hanno ordinato a Israele di adeguarsi alla Convenzione contro i genocidi
La notizia che ha scosso il panorama internazionale riguarda i tentativi del Mossad, sotto la guida di Yossi Cohen, di arruolare la procuratrice capo della Corte penale internazionale (CPI), Fatou Bensouda. Questo tentativo è avvenuto nel contesto di un’indagine per crimini di guerra e contro l’umanità nei territori palestinesi, avviata nel 2015. La rilevanza di questa notizia risiede nel fatto che l’inchiesta ha portato alla richiesta di mandati d’arresto per figure di spicco come Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, ministro della Difesa israeliano, per la loro condotta nella guerra a Gaza.
Fonti vicine al premier Netanyahu hanno rivelato che egli era ossessionato dal pericolo rappresentato dalla Corte penale dell’Aia. Questa ossessione ha portato Cohen a compiere mosse audaci per evitare che il parlamento israeliano votasse per l’istituzione di una commissione di Stato che investigasse sugli errori e le miopie strategiche che hanno portato al disastro del 7 ottobre, in cui 1200 israeliani sono stati uccisi. Benny Gantz, ex leader dell’opposizione, ha proposto questa commissione, che potrebbe disinnescare la richiesta della CPI applicando il principio di complementarità, secondo cui i vertici israeliani potrebbero sottoporsi a un tribunale locale.
Netanyahu e i suoi fedelissimi considerano inaccettabile l’inchiesta della CPI mentre i soldati israeliani stanno combattendo nella Striscia di Gaza. Per mediare, Netanyahu si è detto pronto a sottoporsi all’esame di un comitato interno alla coalizione. Tuttavia, una commissione di Stato avrebbe un mandato ampio e potrebbe prendere decisioni vincolanti, e per legge dovrebbe essere guidata da un giudice in pensione. Il premier teme che l’incarico possa essere offerto a Esther Hayut, presidente della Corte Suprema fino all’ottobre scorso.
L’Aja: da Bibi e Mossad minacce da dieci anni per evitare le accuse
Le tensioni tra Israele e la Corte penale internazionale non sono una novità. Da oltre un decennio, il governo israeliano e il Mossad hanno cercato di evitare le accuse di crimini di guerra. La richiesta del procuratore della CPI di incriminare il capo del governo e il ministro della Difesa israeliani per reati durante l’invasione di Gaza ha suscitato reazioni forti. Un parere redatto da otto giuristi internazionali, tra cui Amal Clooney, ha presentato prove di crimini di guerra, come il blocco di viveri e medicinali per le popolazioni civili.
I giuristi coinvolti includono figure di spicco come Lord Fulford, ex vicepresidente della Corte d’appello di Inghilterra e Galles, e Theodor Meron, ex presidente del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Le accuse mosse dal procuratore Karim Khan riguardano un presunto piano comune per usare la carestia e atti di violenza contro la popolazione di Gaza per eliminare Hamas, assicurare la liberazione degli ostaggi e infliggere una punizione collettiva alla popolazione di Gaza, considerata una minaccia per Israele.
Affamare la popolazione civile per fiaccare la resistenza di un’organizzazione terrorista è considerato un crimine di guerra. Tuttavia, alcuni critici sostengono che in guerra parlare di diritto e giusto processo sia una “belluria” da illusi. La democrazia, secondo questi critici, non può avere paura di fare i conti con il lato oscuro, come dimostrato dai processi di Norimberga e dal caso Eichmann in Israele.
Il ruolo della Corte internazionale di giustizia e dell’Onu
La Corte internazionale di giustizia e l’Onu hanno avviato procedimenti contro Israele per genocidio, ordinando all’esercito di Tel Aviv di “porre fine all’offensiva e di adeguarsi agli impegni di Israele verso la Convenzione contro i genocidi”. Tra i quindici giudici della Corte internazionale di giustizia, uno è stato nominato da Netanyahu: Aharon Barak, presidente della Corte costituzionale di Tel Aviv.
Due giudici hanno espresso una dissenting opinion, interpretando l’ordine come un obbligo per l’Idf di adeguarsi agli impegni di Israele verso la Convenzione contro i genocidi. Tuttavia, è stato negato che ci siano prove di genocidio paragonabili a quelle delle minoranze bosniache o del Kosovo. La Corte ha rivendicato la tutela dei diritti umani di tutte le parti, affidandosi al “robusto e indipendente sistema giudiziario di Israele”.
Le reazioni di alcuni garantisti alla sola idea di processi giusti sono state di scandalo. Non si tratta di dispute da giuristi o sofismi, ma della frontiera del diritto che pone la democrazia di fronte al rischio di autodistruzione e perdita della propria identità.
Bullet Executive Summary
In conclusione, la questione delle accuse di crimini di guerra contro Netanyahu e Gallant solleva interrogativi fondamentali sullo stato di diritto e sulla giustizia internazionale. La nozione base di legale correlata a questo tema è il principio di complementarità, secondo cui un tribunale locale può intervenire per disinnescare le richieste della Corte penale internazionale. Una nozione avanzata è il concetto di giurisdizione universale, che permette a qualsiasi stato di perseguire crimini di guerra indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi.
Questi principi legali non sono solo tecnicismi, ma rappresentano la base su cui si fonda la giustizia internazionale. Riflettere su questi temi ci aiuta a comprendere meglio le sfide e le responsabilità che le democrazie moderne devono affrontare per mantenere la loro integrità e i loro valori fondamentali.