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- Greenpeace Italia e ReCommon, insieme a 12 cittadini, hanno avviato una causa civile contro Eni per i danni climatici.
- La causa, denominata 'La Giusta Causa', è stata presentata a maggio 2023 presso il Tribunale di Roma.
- Il giudice ha fissato l'udienza per la decisione sulla giurisdizione al 13 settembre 2024.
- Precedenti internazionali, come la sentenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo di aprile 2024, potrebbero influenzare l'esito.
Greenpeace Italia e ReCommon, insieme a dodici cittadini e cittadine, hanno lanciato una causa civile contro il colosso energetico Eni per i danni subiti e futuri dai cambiamenti climatici. Le organizzazioni ambientaliste accusano Eni di aver contribuito significativamente ai cambiamenti climatici con la sua condotta negli ultimi decenni. Questa azione legale, denominata “La Giusta Causa”, è stata avviata a maggio 2023 presso il Tribunale di Roma e coinvolge anche il Ministero dell’Economia e la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), azionisti con influenza dominante sulla società.
Eni ha definito l’azione legale come “infondata” e ha sostenuto che nessun giudice dovrebbe pronunciarsi sulla questione. Tuttavia, le organizzazioni ambientaliste e i cittadini coinvolti hanno deciso di rivolgersi alla Cassazione per far dichiarare se il giudice ordinario italiano abbia la competenza per decidere su questa materia.
Il nodo della giurisdizione
Il contenzioso climatico ha visto il suo ultimo atto in una conferenza stampa in cui Greenpeace Italia, ReCommon e i loro legali hanno risposto alla versione di Eni. Le organizzazioni chiedono un accertamento delle responsabilità di Eni, del Ministero dell’Economia e della CDP per i danni climatici, e una condanna del colosso energetico a rivedere la sua strategia industriale per rispettare l’Accordo di Parigi. Simona Abbate, campaigner per Clima & Energia di Greenpeace, ha dichiarato: “Dopo il lancio della causa, Eni ci ha minacciato con azioni legali per diffamazione, siamo stati censurati in televisione e ora ci accusa di una campagna di disinformazione.”
Eni ha espresso perplessità sulla nuova iniziativa delle ONG, sostenendo che sia finalizzata a ottenere la sospensione della causa. Il giudice ha fissato l’udienza per la decisione al 13 settembre 2024. La questione della giurisdizione è cruciale: se il giudice confermerà il difetto assoluto di giurisdizione, la domanda verrebbe dichiarata inammissibile e il processo non avrebbe luogo.
Precedenti e contesto internazionale
Le organizzazioni ambientaliste hanno ricordato sentenze storiche, come quella della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che, nell’aprile 2024, ha dato ragione a un gruppo di 2.500 cittadine svizzere, sostenendo che la Svizzera aveva violato i loro diritti in base agli articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Inoltre, hanno citato la sentenza di primo grado del tribunale olandese che ha condannato Shell per strategie di sviluppo non coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Antonio Tricarico di ReCommon ha commentato: “Per Eni, questa causa è fonte di nervosismo. Dopo la sentenza di primo grado del tribunale olandese che ha condannato Shell, il colosso anglo-olandese ha spostato il suo quartier generale a Londra. Siamo pronti ad arrivare alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.”
Replica di Eni e prospettive future
Eni ha chiarito in una nota che “Greenpeace e ReCommon, lo scorso anno, hanno avviato un’azione legale infondata relativa ai temi climatici e hanno chiesto la sospensione del procedimento a seguito della presentazione di un ricorso per regolamento di giurisdizione.” L’azienda ha espresso perplessità sull’iniziativa delle ONG, sostenendo che sia finalizzata a ottenere una sospensione della causa e a prolungare il periodo di decisione, consentendo alle organizzazioni di continuare la loro campagna di disinformazione.
Eni ha dichiarato di non essersi mai sottratta al confronto e di aver fornito in giudizio tutti gli elementi a supporto della bontà del proprio operato e della strategia di trasformazione e decarbonizzazione. Tuttavia, le ONG sono determinate a impiegare lo strumento legale per fermare la strategia di Eni di investire sull’espansione del petrolio e del gas, ignorando gli impegni sul clima.
Bullet Executive Summary
In conclusione, la controversia tra Greenpeace Italia, ReCommon e Eni rappresenta un caso emblematico nel panorama legale moderno, evidenziando la crescente importanza delle questioni climatiche nelle aule di tribunale. Le organizzazioni ambientaliste stanno utilizzando ogni strumento legale a loro disposizione per cercare di fermare le strategie industriali di Eni, ritenute dannose per il clima globale.
Nozione base di legale correlata: La giurisdizione è il potere conferito a un giudice o a un tribunale di pronunciarsi su una determinata questione. In questo caso, la questione della giurisdizione è cruciale per determinare se il giudice ordinario italiano abbia la competenza per decidere sulla causa climatica contro Eni.
Nozione avanzata di legale correlata: La separazione dei poteri è un principio fondamentale del diritto costituzionale, che prevede la divisione delle funzioni legislative, esecutive e giudiziarie tra organi distinti e indipendenti. Questo principio è al centro della controversia sulla giurisdizione nel caso contro Eni, poiché le ONG sostengono che le politiche climatiche dell’azienda debbano essere soggette a controllo giudiziario, mentre Eni e gli altri imputati sostengono che tali decisioni rientrino nella sfera delle scelte industriali garantite dalla libertà di impresa.
Questa vicenda ci invita a riflettere su come il diritto possa e debba evolversi per affrontare le sfide globali del cambiamento climatico, bilanciando gli interessi economici con la necessità di proteggere l’ambiente e la salute pubblica.
- Sito ufficiale di Eni sulla sostenibilità e bilancio ambientale per approfondire la esposizione della società sugli impatti climatici
- pagina dedicata alla sostenibilità e alle iniziative di Eni per contrastare i cambiamenti climatici
- Pagina di Eni sulla sostenibilità e governance, utile per comprendere la posizione dell'azienda sulla questione climatica