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- Cassazione conferma condanna a 18 mesi per Lucano per falso.
- Annullate le intercettazioni, considerate irregolari.
- Lucano assolto dalle accuse di lucro e associazione a delinquere.
- Avviata la procedura di decadenza da europarlamentare.
Il Caso Lucano: Un’Odissea Giudiziaria Conclusa in Cassazione
La storia giudiziaria di Domenico Lucano, l’ex sindaco di Riace, figura simbolo dell’assistenza ai migranti, si conclude con la decisione della Corte di Cassazione. La sentenza, emessa il 12 febbraio, ratifica la pena di 18 mesi, con sospensione condizionale, decisa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria nell’ottobre 2023 per il reato di falsità in atto pubblico. La vicenda, conosciuta come processo “Xenia”, inizialmente lo vedeva imputato per associazione a delinquere finalizzata alla frode e ad altri illeciti nella gestione dell’accoglienza dei migranti a Riace, con una richiesta di condanna in primo grado a 13 anni e 2 mesi di detenzione.
La Cassazione ha respinto i ricorsi sia della Procura Generale di Reggio Calabria che dei legali di Lucano, giudicandoli privi di fondamento o inammissibili a causa della loro genericità. Un aspetto fondamentale della sentenza riguarda l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, considerate irregolari a causa di un vizio nel decreto di autorizzazione del giudice.
L’Inutilizzabilità delle Intercettazioni: Un Punto Chiave
La Corte di Cassazione ha ribadito l’inutilizzabilità delle intercettazioni, sottolineando un errore primario nel decreto che ne autorizzava l’esecuzione. Secondo la Suprema Corte, sia l’istanza del pubblico ministero sia l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari (GIP) mancavano di motivazioni adeguate a sostenere la qualificazione legale dei fatti. Questa questione è essenziale, dato che le intercettazioni costituivano una parte considerevole delle prove contro Lucano.
L’avvocato di Lucano, Andrea Daqua, ha sottolineato un paradosso: anche se le intercettazioni fossero state considerate valide, avrebbero dimostrato la correttezza dell’operato del suo assistito. La sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello e confermata in Cassazione, infatti, evidenzia come le intercettazioni, se correttamente valutate, scagionerebbero Lucano dalle accuse più gravi.

Il Modello Riace e le Accuse di Truffa: Una Gestione Disordinata, Non Criminale
La Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva già ridimensionato drasticamente le accuse contro Lucano, trasformando l’imputazione di associazione a delinquere in una gestione caotica del sistema di accoglienza. I giudici avevano escluso intese illegali tra gli imputati e profitti personali per Lucano, facendo decadere anche l’accusa di peculato.
La Cassazione ha avvalorato tale interpretazione, *assolvendo in maniera definitiva Lucano da ogni forma di responsabilità legata a scopi di lucro.* Tuttavia, ha rigettato le istanze presentate sia dall’accusa che dalla difesa, lasciando inalterata la condanna per il reato minore di falso in atto pubblico.
Le Conseguenze Politiche e la Legge Severino
La condanna definitiva a 18 mesi di reclusione, nonostante la sospensione, ha avviato la procedura di decadenza di Lucano dalla carica di europarlamentare, in base alla legge Severino (comma 1 dell’articolo 10 della legge 190 del 2012, la lettera d). La legge prevede la decadenza per condanne definitive per reati contro la pubblica amministrazione.
Tuttavia, la difesa di Lucano contesta l’applicabilità della legge Severino, sostenendo che il reato di falso ideologico in atto pubblico non rientra automaticamente tra quelli che determinano l’incandidabilità immediata. Nonostante ciò, il Ministero dell’Interno ha avviato la procedura di decadenza, aprendo un nuovo fronte nella battaglia legale e politica di Lucano.
Riflessioni Conclusive: Tra Legalità, Accoglienza e Umanità
La vicenda di Mimmo Lucano solleva interrogativi profondi sul rapporto tra legalità, accoglienza e umanità. Al di là delle sentenze e delle procedure legali, resta il valore simbolico del modello Riace, un’esperienza di integrazione che ha attirato l’attenzione internazionale.
La vicenda di Lucano ci ricorda che il diritto non è una scienza esatta, ma un’arte interpretativa. La legge Severino, ad esempio, è stata concepita per contrastare la corruzione nella pubblica amministrazione, ma la sua applicazione al caso di Lucano solleva dubbi sulla sua adeguatezza a situazioni complesse e sfumate.
Un concetto legale di base rilevante in questo contesto è il principio di proporzionalità. Questo principio, cardine del diritto amministrativo, impone che le sanzioni siano proporzionate alla gravità del fatto commesso. Nel caso di Lucano, la condanna per falso ideologico, pur confermata, appare sproporzionata rispetto all’assenza di un fine di profitto e all’intento solidaristico che ha animato la sua azione.
Un concetto legale avanzato applicabile è quello di “stato di necessità”. Sebbene non invocato direttamente nel processo, lo stato di necessità potrebbe essere argomentato in situazioni in cui un pubblico ufficiale, di fronte a un’emergenza umanitaria, compie azioni formalmente illegali ma necessarie per tutelare diritti fondamentali come la vita e la dignità umana.
La storia di Lucano ci invita a riflettere sul ruolo del diritto come strumento di giustizia e di progresso sociale. Il diritto non deve essere un fine, ma un mezzo per realizzare una società più giusta e inclusiva. La vicenda di Riace ci insegna che l’accoglienza dei migranti non è solo un obbligo legale, ma anche un imperativo morale. E che, a volte, la legalità formale può entrare in conflitto con l’umanità sostanziale.