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- La Corte di Cassazione ha confermato la confisca del 40% della villa di Sperlonga appartenente a Cipriano Chianese, riconducendola al clan dei casalesi.
- La villa, formalmente intestata alla coniuge Filomena Menale, ora è nella disponibilità dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati e potrebbe diventare un bene destinato ad uso pubblico.
- La sentenza definitiva ricalca il verdetto della Corte d’Appello di Napoli del 23 maggio dell'anno scorso, confermando la pericolosità di Chianese.
La Corte di Cassazione ha messo la parola fine sulla vicenda della villa di Sperlonga appartenente all’avvocato Cipriano Chianese, oggi 73enne, noto come l’inventore del sistema delle ecomafie per conto del clan dei casalesi. La sentenza definitiva conferma la confisca del 40% della villa, formalmente intestata a Filomena Menale, coniuge di Chianese. La decisione della Cassazione è in linea con il verdetto della Corte d’Appello di Napoli del 23 maggio dell’anno scorso, che aveva già confermato la pericolosità del soggetto.
Il Contesto Giuridico e la Difesa
La difesa di Chianese, rappresentata dagli avvocati Emilio Martino e Giuseppe Stellato, aveva presentato ricorso contro la sentenza, sostenendo che la villa era stata acquistata nel 1982 in contanti dalla Menale, che avrebbe avuto i redditi necessari per le successive modifiche alla casa. Tuttavia, i giudici della Cassazione hanno ritenuto corretta la misura di prevenzione basata sulla sentenza irrevocabile del 2021, che descrive Chianese come appartenente al clan dei casalesi. La villa di Sperlonga, formalmente intestata alla Menale, è stata riconosciuta come riconducibile a Chianese.
Le Conseguenze della Sentenza
La villa di Sperlonga passa ora nella disponibilità dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati per la parte intestata alla coniuge di Chianese. Se il Comune o altri enti pubblici manifestano interesse, potrebbe diventare uno dei beni immobili destinati ad uso pubblico. Cipriano Chianese, personaggio di rilievo nel sud pontino, ha visto anche un altro immobile confiscato: il complesso turistico Marina di Castellone a Formia, passato nel patrimonio del Comune di Formia a dicembre 2022 ma ancora inutilizzato.
Il Ruolo di Chianese nel Sistema delle Ecomafie
Chianese, avvocato e imprenditore, è stato condannato nel 2021 a 18 anni di reclusione per associazione mafiosa e disastro ambientale. Gli investigatori lo hanno identificato come una figura cardine nel sistema di smaltimento illegale dei rifiuti gestito da Francesco Bidognetti, noto come “Cicciotto ‘e mezzanotte”. Chianese è stato dichiarato responsabile del disastro ambientale della discarica Reset di Giugliano in Campania, un episodio che ha avuto un impatto devastante sull’ambiente e sulla salute pubblica.
Bullet Executive Summary
La sentenza definitiva della Corte di Cassazione sulla confisca della villa di Sperlonga di Cipriano Chianese rappresenta un punto di svolta significativo nel contrasto alle ecomafie. La decisione conferma la pericolosità di Chianese e la sua appartenenza al clan dei casalesi, sottolineando l’importanza delle misure di prevenzione nel sistema giuridico italiano. La villa, ora nella disponibilità dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati, potrebbe essere destinata ad uso pubblico, aprendo una nuova fase nella gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
Nozione base di legale: La confisca dei beni è una misura di prevenzione che permette allo Stato di sottrarre alla criminalità organizzata i beni accumulati illecitamente, con l’obiettivo di restituirli alla collettività.
Nozione avanzata di legale: La sentenza della Corte di Cassazione evidenzia l’importanza della confisca per equivalente, una misura che consente di confiscare beni di valore equivalente a quelli illecitamente acquisiti, anche se non direttamente collegati al reato, rafforzando così l’efficacia delle azioni di contrasto alla criminalità organizzata.
La vicenda di Cipriano Chianese ci invita a riflettere sull’importanza della giustizia e della legalità nella nostra società. La confisca dei beni mafiosi non è solo una punizione per i colpevoli, ma anche un’opportunità per restituire risorse alla collettività e promuovere un uso più giusto e sostenibile del territorio.