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Cassazione conferma ergastolo per Luciano Scalise: la giustizia prevale sulla ‘ndrangheta

La Suprema Corte rigetta i ricorsi e cristallizza le pene per i mandanti dell'omicidio di Francesco Pagliuso. Scopri i dettagli del caso che ha scosso Lamezia Terme.
  • La Corte di Cassazione ha confermato l'ergastolo per Luciano Scalise, mandante dell'omicidio di Francesco Pagliuso.
  • Le pene definitive includono 23 anni e 10 mesi per Pino Scalise, 6 anni e 8 mesi per Vincenzo Mario Domanico e 7 anni per Andrea Scalzo.
  • Il ricorso di Angelo Rotella è stato accolto, con la sua posizione rinviata per un nuovo giudizio.

La Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per Luciano Scalise, mandante dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso, avvenuto a Lamezia Terme nella notte tra il 9 e il 10 agosto 2016. La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi presentati da Luciano Scalise, Pino Scalise, Vincenzo Mario Domanico e Andrea Scalzo, accogliendo invece quello di Angelo Rotella. Per i primi quattro imputati, le pene definitive sancite dalla Corte d’Appello di Catanzaro sono state confermate: ergastolo per Luciano Scalise, 23 anni e 10 mesi di reclusione per Pino Scalise, 6 anni e 8 mesi per Domanico e 7 anni per Scalzo. La posizione di Rotella, invece, è stata rinviata ai giudici di secondo grado di Catanzaro per un nuovo giudizio.

Il contesto dell’omicidio e le condanne

L’omicidio di Francesco Pagliuso, avvenuto nel giardino della sua abitazione dopo aver parcheggiato la sua automobile, ha scosso profondamente la comunità di Lamezia Terme. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Luciano Scalise, cristallizzando così la pena dell’ergastolo. Pino Scalise, padre di Luciano e promotore dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, è stato condannato a 21 anni di reclusione per il reato di sequestro di persona ai danni dell’avvocato Pagliuso, avvenuto nell’estate del 2012. In quell’occasione, il penalista fu prelevato, portato in un bosco, legato e immobilizzato. Pino Scalise è stato anche condannato per minacce aggravate esercitate su Pagliuso, che era il legale della famiglia Scalise.

Le dinamiche criminali e il ruolo di Luciano Scalise

La sentenza della Cassazione ha confermato che Luciano Scalise è stato il mandante e l’organizzatore dell’omicidio di Francesco Pagliuso. La ricostruzione dei giudici ha evidenziato che l’agguato è stato organizzato e voluto da Luciano Scalise, con il via libera arrivato direttamente dalla famiglia Iannazzo, sotto la protezione di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, uccisi da Domenico Mezzatesta. Nonostante l’intraneità del gruppo Scalise come trade union, il padre Pino Scalise è stato assolto dall’accusa di omicidio, poiché è emerso che i figli spesso agivano di propria iniziativa senza consultarlo, oppure informandolo successivamente. La faida tra la cosca Scalise e la famiglia Mezzatesta ha inquadrato il delitto del penalista lametino come un importante risultato difensivo nel processo per il duplice omicidio di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, evitando così l’ergastolo per gli assistiti Giovanni e Domenico Mezzatesta.

Le implicazioni legali e il futuro del caso

La posizione di Angelo Rotella, condannato in appello a 8 anni e 4 mesi di reclusione, è stata rinviata ai giudici di secondo grado di Catanzaro per un nuovo giudizio. La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata relativamente all’aggravante delle “più persone riunite”, disponendo il rinvio per la rideterminazione della pena. Il collegio difensivo del processo per l’omicidio dell’avvocato Pagliuso è composto da numerosi avvocati, tra cui Giorgio Vianello Accorretti, Pietro Chiodo, Sergio Rotundo, Lucio Canzoniere, Antonio Larussa, Chiara Penna e Stefano Nimpo. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Giuseppe Zofrea, Nunzio Raimondi, Salvatore Staiano, Enzo Galeota e Bonaventura Candido.

Bullet Executive Summary

La conferma dell’ergastolo per Luciano Scalise rappresenta una pietra miliare nel panorama legale moderno, evidenziando l’importanza della giustizia nel contrastare le attività criminali delle cosche mafiose. La sentenza della Cassazione ha cristallizzato le pene per i principali imputati, sottolineando la gravità dei reati commessi e la necessità di una risposta ferma e decisa da parte delle istituzioni. Questo caso mette in luce la complessità delle dinamiche criminali e la difficoltà nel perseguire i mandanti degli omicidi, spesso nascosti dietro una rete di complicità e omertà.

Nel contesto legale, è fondamentale comprendere la nozione di mandato criminale, che implica la responsabilità di chi ordina un reato, anche se non partecipa direttamente alla sua esecuzione. Questo principio è essenziale per garantire che i veri responsabili dei crimini siano puniti adeguatamente.

Una nozione legale avanzata correlata a questo tema è il concetto di associazione mafiosa, che prevede pene severe per chiunque faccia parte di un’organizzazione criminale strutturata. Questo tipo di reato è particolarmente difficile da provare, richiedendo un’accurata raccolta di prove e testimonianze per dimostrare l’appartenenza e il ruolo all’interno della cosca.

La riflessione personale che emerge da questo caso è l’importanza di un sistema giudiziario robusto e indipendente, capace di affrontare e sradicare le radici della criminalità organizzata, garantendo giustizia alle vittime e sicurezza alla società.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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