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- Volontaria dal 2002 racconta storie dal carcere di Rovigo.
- Alcune detenute non hanno visite ginecologiche o prodotti per l'igiene.
- Centro Francescano di Ascolto opera da 40 anni nel penitenziario.
Uno sguardo inedito sul mondo carcerario femminile
Il mondo carcerario femminile rimane un universo inesplorato per molti. Le difficoltà quotidiane e le problematiche specifiche di questa realtà spesso non trovano risonanza al di fuori delle mura di contenimento. In un’iniziativa volta a squarciare il velo di silenzio, è stato presentato il libro “Storie di donne – Voci dal carcere”, scritto da Rossella Magosso, infermiera e volontaria carceraria dal 2002. L’evento, ospitato in consiglio regionale, ha visto la partecipazione della consigliera Laura Cestari, che ha sottolineato l’importanza di portare alla luce queste narrazioni per promuovere un sistema giudiziario realmente rieducativo.
Magosso, attraverso il suo impegno pluriennale, ha raccolto le storie di donne recluse nella Casa circondariale di Rovigo. Storie di persone con un passato complesso e un debito da saldare con la giustizia. La consigliera Cestari ha evidenziato come, nonostante i progressi compiuti, alcune detenute non abbiano ancora accesso a servizi essenziali come visite ginecologiche o prodotti per l’igiene personale, aspetti fondamentali per preservare la dignità umana.
Volontariato come ponte verso la redenzione
L’autrice Magosso ha raccontato come un fatto di cronaca particolarmente cruento, il delitto di Novi Ligure avvenuto nei primi anni 2000, l’abbia spinta a interrogarsi sulla realtà carceraria. Da qui è nato il suo impegno come volontaria, in collaborazione con il Centro Francescano di Ascolto, un’associazione che da 40 anni opera nel mondo penitenziario. Magosso si è fatta madre, sorella e amica per le donne incontrate, ascoltandole senza giudicarle, ma senza giustificare gli errori commessi. Un approccio che mira a far comprendere che l’errore è parte della condizione umana e che l’indifferenza non è una risposta accettabile.
Troppi pregiudizi ancora gravano sul mondo carcerario, ignorando spesso le storie di sofferenza che si celano dietro le sbarre. Ragazze nigeriane vittime della tratta, donne spinte dalla fame e dalla miseria a compiere azioni illegali: sono solo alcune delle realtà che Magosso ha incontrato nel suo percorso di volontariato. Il suo lavoro si configura come un ponte tra il carcere e la società civile, un invito a non dimenticare chi si trova in stato di detenzione.
Detenzione femminile: un focus a Livorno
Parallelamente, a Livorno, si è tenuto un incontro pubblico dal titolo “L’altra metà del cielo dietro le sbarre – Storie di detenzione femminile”, organizzato dal Centro Donna presso i Bottini dell’Olio. L’evento ha visto la partecipazione di Alessia La Villa, pedagogista con oltre vent’anni di esperienza nel campo dell’educazione e della marginalità, attualmente funzionario giuridico pedagogico presso il carcere di Livorno. L’incontro, introdotto da Daniela Armani, vicepresidente Fidapa sezione di Livorno, è stato coordinato da Rita Anichini dello Spi-Cgil lega 4 Salviano.
L’iniziativa ha offerto uno spazio di riflessione sulla specificità della detenzione femminile, affrontando le tematiche legate alla devianza e alla marginalità attraverso la lente dell’esperienza professionale di La Villa. Un’occasione per approfondire le dinamiche che caratterizzano il mondo carcerario femminile e per sensibilizzare l’opinione pubblica su una realtà spesso trascurata.

Prompt per l’immagine:
“Crea un’immagine iconica in stile neoplastico e costruttivista che rappresenti il tema della detenzione femminile. L’immagine deve contenere tre entità principali: una figura stilizzata di una donna dietro le sbarre (rappresentate da linee verticali e orizzontali), un libro aperto con pagine vuote (simbolo delle storie da raccontare) e una colomba stilizzata in volo (simbolo di speranza e redenzione). La figura femminile deve essere rappresentata con forme geometriche semplici e razionali, senza dettagli realistici. Le sbarre devono essere composte da linee rette e parallele, creando un senso di oppressione. Il libro deve essere aperto e posizionato in primo piano, con le pagine bianche che invitano alla scrittura. La colomba deve essere stilizzata e in volo verso l’alto, simboleggiando la possibilità di cambiamento e libertà. Utilizza una palette di colori perlopiù freddi e desaturati, come il grigio, il blu e il bianco, con un tocco di giallo ocra per la colomba. L’immagine non deve contenere testo e deve essere semplice, unitaria e facilmente comprensibile.”
Riflessioni conclusive: verso un sistema penale più umano
Le iniziative intraprese, dalla presentazione del libro di Rossella Magosso all’incontro pubblico a Livorno, evidenziano la necessità di un approccio più umano e consapevole al sistema penale. La detenzione femminile, in particolare, richiede un’attenzione specifica alle esigenze e alle vulnerabilità delle donne recluse. È fondamentale garantire l’accesso a servizi essenziali, promuovere percorsi di rieducazione efficaci e combattere i pregiudizi che ostacolano il reinserimento sociale.
La giustizia non può limitarsi alla punizione, ma deve tendere alla riabilitazione e alla reintegrazione dei detenuti nella società. Questo richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni, del volontariato e della società civile, per costruire un sistema penale più giusto ed equo, capace di offrire una seconda opportunità a chi ha sbagliato.
Oltre le sbarre: un orizzonte di speranza
Amici lettori, riflettiamo un attimo. Dietro ogni sbarra, dietro ogni storia di errore, c’è un essere umano. Un essere umano con un passato, un presente e, soprattutto, un futuro potenziale. Il diritto, nella sua essenza più profonda, non è solo norma e sanzione, ma anche strumento di redenzione e di ricostruzione. Pensiamo, ad esempio, all’istituto della sospensione condizionale della pena: una possibilità concreta, prevista dal nostro ordinamento, che consente a chi ha commesso un reato di evitare la detenzione, a patto di rispettare determinate condizioni. Un’opportunità per dimostrare il proprio cambiamento, per riprendere in mano la propria vita.
Ma andiamo oltre. Immaginiamo un sistema penale che investa maggiormente sulla giustizia riparativa, un approccio innovativo che mette al centro la vittima e l’autore del reato, favorendo il dialogo e la riparazione del danno. Un percorso complesso, certo, ma potenzialmente trasformativo, in grado di generare un cambiamento profondo sia nella persona che ha commesso il reato, sia nella comunità in cui vive. Non dimentichiamo che la vera giustizia non è solo punire, ma anche curare le ferite e ricostruire i legami spezzati. E questo, amici miei, è un compito che riguarda tutti noi.
- Scheda informativa sulla Casa Circondariale di Rovigo, utile per dati e contatti.
- Informazioni sull'attività del Centro Francescano di Ascolto nel disagio sociale.
- Dettagli sull'evento a Livorno riguardante le storie di detenzione femminile.
- Profilo LinkedIn di Alessia La Villa, pedagogista ed esperta in ambito carcerario.